Aree interne: potenziare la sanità territoriale
Quattromila Comuni con 13 milioni di abitanti, il 22,7 per cento della popolazione italiana, spesso carenti e distanti dai servizi essenziali, a partire da quelli sanitari.
Alla “ nuova sanità territoriale, le emergenze e le aree interne” è stato dedicato il Convegno che si è svolto mercoledì 17 luglio a Roma. Un’occasione per riflettere sulle necessità delle aree interne, che rappresentano una parte consistente del nostro Paese, anche alla luce di quanto previsto nel PNRR rispetto allo sviluppo della nuova rete di sanità territoriale.
Il Convegno è stato l’occasione per la presentazione dell’Intergruppo parlamentare sulla prevenzione e le emergenze sanitarie nelle aree interne. Presidenti dell’Intergruppo sono il senatori Guido Quintino Liris, membro della Commissione Bilancio di Palazzo Madama, e la senatrice Daniela Sbrollini, vicepresidente della Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale.
Per “aree interne” si intendono i territori del Paese più distanti dai servizi essenziali (come istruzione, salute, mobilità), una realtà che riguarda oltre il 60 per cento del territorio nazionale. Nella definizione di aree interne marginali si comprendono anche realtà montane e le piccole isole, che risultano poco connesse con i centri di erogazione dei servizi primari. La mancanza di opportunità spinge spesso la parte più intraprendente della popolazione ad andarsene e questo rende i territori marginali sempre meno interessanti, sempre più abbandonati a sé stessi. A restare sono soprattutto gli anziani e coloro che più faticano a trovare alternative. Nei Comuni periferici e ultraperiferici oltre un residente su quattro ha almeno 65 anni. In questi territori l’esistenza di presidi sanitari diffusi è un punto cruciale, che si collega alle politiche di prossimità legate alla difficoltà dei collegamenti, alla lontananza dai servizi essenziali e al progressivo invecchiamento della popolazione e delle malattie croniche non trasmissibili.
«Il PNRR identifica nello sviluppo della nuova rete di sanità territoriale un punto di sostegno alle politiche di riqualificazione dei tessuti urbani più vulnerabili» sottolinea Liris. «Il nuovo scenario emergente si basa sulla concezione della spesa sanitaria non più come costo, ma come investimento – prosegue - scardinando un preconcetto che ritiene la spesa stessa incompatibile con gli equilibri finanziari del Paese. L’identificazione delle sfide finanziarie nel perseguire gli obiettivi di sanità territoriale deve essere assicurata – sostiene ancora Liris - in combinato disposto con la qualità delle cure e la prevenzione in ognuno dei singoli territori. Prevenzione, territorio e prossimità diventano, quindi, le parole chiave per costruire una sanità sempre più vicina e aderente ai bisogni della popolazione, in un contesto di progressivo invecchiamento della popolazione e contestuale aumento delle aspettative di qualità di vita».
Come ricorda Sbrollini, nelle aree interne oltre la metà (52%) delle case di comunità previste col PNRR sarà spoke (contro una media nazionale del 34 per cento) e il 23,3 per cento dei futuri ospedali di comunità sarà realizzato con nuove costruzioni o ampliamenti, in linea con la media nazionale. «L’obiettivo centrale degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza è costruire una rete di servizi sanitari di prossimità – precisa - con ospedali e case della comunità diffuse sul territorio, con punti facili di digitalizzazione, con un ruolo alla telemedicina, alle farmacie dei servizi, ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta, in modo da non creare fenomeni di digital divide e promuovere una effettiva equità socio-sanitaria per la popolazione in tutto il Paese, tanto nelle città maggiori quanto nelle aree interne marginali, nelle comunità montane e nelle piccole isole».
Ai circa 13 milioni di italiani che vivono nelle aree interne «dobbiamo dare la possibilità di curarsi vicino casa, senza più dover percorrere lunghe distanze, e anche a domicilio» conclude il ministro della Salute, Orazio Schillaci.