Medici, dalla carenza all’eccesso. Così l’Italia può diventare la “Cuba del Mediterraneo”

L'allarme

Medici, dalla carenza all’eccesso. Così l’Italia può diventare la “Cuba del Mediterraneo”

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Immagine: Clever Cupcakes from Montreal, Canada, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
Secondo Anaao Assomed a partire dal 2028 l’Italia si potrebbe trovare con 60 mila in medici in eccesso rispetto al fabbisogno. Dottori «pronti a foraggiare la sanità privata o i sistemi sanitari di mezza Europa»

Oggi pochi, domani troppi.

Potrebbe essere questa la parabola dei medici italiani, secondo un’analisi di Anaao Assomed, il principale sindacato dei medici del servizio sanitario nazionale. Secondo Anaao partire dal 2028 l’Italia si potrebbe trovare con un eccesso di medici rispetto al fabbisogno che in pochi anni potrebbe raggiungere le 60 mila unità. Medici che saranno «pronti a foraggiare la sanità privata o i sistemi sanitari di mezza Europa, se non assunti nel servizio sanitario nazionale per rispondere all’aumento della domanda sanitaria prodotto dall’invecchiamento della popolazione».

Non è la prima volta che Anaao sottolinea il rischio della pletora medica. L’ultima volta lo aveva fatto un anno fa, sottolineando come il fenomeno finirebbe per fornire «al mercato sanitario forza lavoro a basso costo e con un potere contrattuale azzerato. Il trionfo del lavoro precarizzato, ma con retribuzioni e diritti molto più bassi di oggi».

Uno scenario in trasformazione

Negli ultimi 20 anni, il servizio sanitario è andato incontro a una forte trasformazione. Si sono persi circa 80 mila posti letto; si è frenato l’ingresso di nuovi professionisti nel settore, con l’introduzione di limitazioni alle assunzioni; la crescita del finanziamento al Ssn è stata meno marcata che in altri Paesi; la riforma della medicina territoriale è ancora incompiuta.

Parallelamente, molto è cambiato per i medici: l’inflazione ha eroso del 34,8% il loro potere d’acquisto (come nel resto della popolazione); gli stipendi sono rimasti bloccati dal tetto alle retribuzioni che congela al 2016 il trattamento accessorio per il pubblico impiego e dal blocco della contrattazione collettiva nazionale per quasi 10 anni (dal 2010 al 2019). Tutto ciò ha bloccato gli stipendi al di sotto di quelli che si riscontrano in altri Paesi europei con caratteristiche simili all’Italia.

Di pari passo, segnala l’Anaao, è cresciuto il ritmo di lavoro dei medici, come risultato dell’aumento dell’incremento della richiesta di salute della popolazione a cui non ha fatto da contraltare un aumento delle assunzioni. Inoltre, non si è provveduto ad ammodernare il lavoro, sul fronte dell’organizzazione né delle politiche del welfare ed è cresciuta la conflittualità con i pazienti.

Italia sempre più vecchia

A peggiorare le cose, il cambiamento dello scenario demografico. L’Italia è il Paese più vecchio d’Europa. Ed è anche tra quelli che invecchiano peggio. Le persone nella fascia d’età 45-54 anni con almeno una malattia cronica risultano essere il 35,9%, mentre questa percentuale sale a un vertiginoso 86% nella fascia d’età +75. Se prendiamo come riferimento “almeno due malattie croniche”, le percentuali sono rispettivamente del 13,5% per la fascia più giovane e del 66% per quella più anziana. Ciò non può che aumentare la pressione sul servizio sanitario: gli over 75 con diabete richiedono un impegno 6 volte maggiore rispetto ai 50enni e gli over 75 con bronchite cronica circa 3 volte maggiore rispetto ai 50enni.

L’aumento dei medici

In questo scenario e di fronte alla sofferenza del servizio sanitario, il numero di medici in forze al servizio sanitaria - che, in linea di massima resta nella media Ocse - non ha subito grandi cambiamenti. Dopo il picco di 119 mila unità del 2009, si è stabilizzato intorno alle 113 mila unità con un incremento negli anni della pandemia. Pandemia «che ha però lasciato sul campo solo un lieve incremento di unità (+ 363 tra la fine del 2019 e la fine del 2022)», precisa Anaao. «Pensare di affrontare l’invecchiamento della popolazione con questi numeri, è semplicemente impossibile. Per questo, sono necessari anni di grandi assunzioni in sanità, soprattutto di medici specialisti in alcuni settori tipicamente ospedalieri come emergenza/urgenza, chirurgia generale, medicina interna, anestesiologia-rianimazione».

La leva su cui si è invece tentato di agire è quella della formazione. Dopo ripetuti errori di programmazione, si è corsi ai ripari incrementando notevolmente i posti disponibili nelle facoltà di Medicina (che sono cresciuti di circa 10 mila unità in meno di 10 anni) e nelle scuole di specializzazione (attualmente circa 15.000).

Con i numeri attuali, il bilancio tra nuovi medici formati e pensionamenti resterà ancora negativo per due anni per poi invertirsi e cominciare a crescere.

Il rischio - avverte Anaao - è che con l’aumentare eccessivo di medici che non vengono assorbiti dal servizio sanitario l’Italia si trasformi «in una sorta di “Cuba del Mediterraneo. Ricordiamo che l’isola caraibica è nota per la “fornitura” di personale sanitario alle Nazioni del centro-sud America e recentemente anche all’Italia».

Per il sindacato è necessario, innanzitutto, «aumentare il numero di medici nel servizio sanitario nazionale». E poi, «intervenire prioritariamente su due questioni critiche per rendere attrattivo il lavoro nel settore pubblico della sanità: la riduzione del carico di lavoro nelle strutture ospedaliere, per permettere ai medici di dedicarsi anche alla propria vita familiare e sociale eliminando ogni anacronistico blocco delle assunzioni del personale sanitario; l’incremento progressivo degli stipendi, che per arrivare al livello medio europeo dovrebbero aumentare almeno del 50%».

In alternativa, andremo incontro «a un grande surplus di medici, pronti a foraggiare la sanità privata o i sistemi sanitari di mezza Europa», mentre i cittadini faticheranno a trovare risposte nel servizio sanitario.