Farmaci anti-obesità, il rischio dello stigma: “dimagrire senza sforzi è come barare”

Il fenomeno sociale

Farmaci anti-obesità, il rischio dello stigma: “dimagrire senza sforzi è come barare”

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Immagine: Tony Alter, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
Tutti d’accordo: chi è sovrappeso deve dimagrire. Ma, attenzione, deve farlo così: sport, dieta, forza di volontà e crampi per la fame. I farmaci sono una scorciatoia poco accettata socialmente. Così si rischia il doppio stigma: prima per i chili di troppo e poi per come li si è persi

La scorciatoia non è socialmente accettata. Non si sa bene perché ma la morale comune non vede di buon occhio chi perde peso grazie ai farmaci. Alla persona obesa viene detto: “devi dimagrire, ma devi farlo come dico io”. L’approvazione arriva solo per chi passa attraverso il calvario di diete e attività sportiva, sacrificio e forza di volontà. Il traguardo va meritato: “no pain, no gain”.  

Il fenomeno non è nuovo. Secondo le antropologhe Alexandra Brewis e Sarah Trainer, autrici di un articolo su Nature, le persone che oggi dimagriscono con le iniezioni di semaglutide o di altri farmaci anti obesità rischiano di venire stigmatizzate come quelle che fino a poco fa si sottoponevano alla chirurgia bariatrica per perdere peso. 

Le due scienziate sanno bene di cosa stanno parlando. Tra il 2013 e il 2016, infatti, avevano seguito da vicino l’intero percorso di 35 persone che si erano sottoposte all’operazione chirurgica per dimagrire e avevano raccolto la testimonianza di altri 300 pazienti che avevano effettuato lo stesso intervento. 

«Le persone con cui abbiamo lavorato hanno sperimentato una maggiore fiducia in se stesse, oltre a benefici per la salute, dopo l’intervento chirurgico. Ma molti hanno dovuto anche fare i conti sia con spiacevoli effetti collaterali fisici sia con i duri giudizi degli altri sulla loro scelta di perdere peso attraverso un intervento chirurgico, piuttosto che attraverso la dieta e l’esercizio fisico. Prevediamo che le persone che assumono farmaci per perdere peso saranno similmente colpite dagli effetti collaterali e giudicate dagli altri, con conseguenze sul benessere e sulla salute mentale», affermano le ricercatrici. 

Perdere peso è un must

Nonostante alcune società scientifiche invitino a non focalizzarsi sull’indice di massa corporea per valutare la salute di una persona perché il sovrappeso non è sempre associato a malattie, i chili di troppo continuano a essere demonizzati. 

Chi è sovrappeso viene penalizzato nell’assistenza medica, nella carriera professionale, nelle relazioni sociali. Le donne sono le più colpite dalla stigma. A parità di condizioni economiche, i genitori di una ragazza sovrappeso spendono meno per il suo percorso universitario rispetto a quelli di una ragazza normo-peso. La magrezza è un merito e il sovrappeso una colpa. La perfetta forma fisica si conquista a caro prezzo: rinunce a tavola e sudore in palestra. I chili in eccesso sono sintomo di pigrizia e mancanza di autodisciplina. Il messaggio rimbalza sui social accanto a foto di fisici asciutti: essere magri è giusto, essere grassi è sbagliato. 

Dimagrisciti, ma fallo come dico io

La metà delle persone coinvolte nello studio delle due antropologhe aveva tenuto segreto l’intervento di chirurgia bariatrica per il timore del giudizio degli altri. La paura non era infondata. Nel 90 per cento dei casi, chi annunciava sui social l’intenzione di farsi operare veniva accusato di voler barare e di non voler fare abbastanza per “meritarsi” il dimagrimento. 

Si passava, in sostanza, da uno stigma all’altro: scompariva quello legato al sovrappeso e compariva quello associato alla modalità scelta per perdere i chili di troppo. 

Il secondo stigma faceva male quanto il primo. Accusati di aver preso una scorciatoia, i pazienti operati si sentivano incompresi e perdevano la motivazione a mantenere il peso conquistato con l’intervento. Il 64 per cento dei partecipanti allo studio ha riferito di non aver seguito alla lettera la dieta rigorosa richiesta dopo l’operazione e di aver vissuto molto male il fallimento. 

Va precisato, ma solo a onor del vero e non per alimentare il mito della bontà delle conquiste sofferte, che l’operazione di chirurgia bariatrica non è affatto una passeggiata. 

Il 36 per cento degli intervistati ha riferito di problemi cronici con carenze vitaminiche e il 47 per cento di nuove intolleranze alimentari emerse dopo l'intervento chirurgico. La nausea era comune, come lo è per coloro che assumono farmaci antiobesità. Una perdita di peso considerevole e rapida può avere inoltre effetti negativi sulla pelle che rischia di presentarsi rilassata e cadente. 

«A nostro avviso, l’entusiasmo diffuso per i farmaci dimagranti non è solo una soluzione a un problema medico, ma è anche una risposta alla paura e all’ansia profondamente radicate e diffuse riguardo al peso corporeo. Lo stigma di essere etichettati dagli altri come grassi può influenzare la decisione di utilizzare farmaci dimagranti, e con la perdita di peso arriva l’aspettativa di una vita “migliore” con una maggiore accettazione sociale. Ma, come dimostra la nostra ricerca su persone sottoposte a chirurgia bariatrica, il percorso di perdita di peso non è così semplice. È fondamentale che le aziende farmaceutiche, i medici e i ricercatori considerino l’aspetto emotivo del processo decisionale per quanto riguarda i farmaci antiobesità», scrivono le scienziate. 

Il sostegno psicologico nel post-dimagrimento

Le persone che assumono farmaci dimagranti, sottolineano le ricercatrici, dovrebbero essere seguite anche nella fase successiva al dimagrimento come accade in molti centri per i pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica che possono contare anche su un sostegno psicologico.

Risorse simili dovrebbero essere fornite a coloro a cui vengono prescritti farmaci anti obesità. 

«Adottare tali misure per garantire che le persone comprendano i pro e i contro sia fisici che emotivi dei farmaci dimagranti è fondamentale, per prevenire una cascata di effetti sociali ed emotivi negativi inattesi tra i milioni di persone che assumeranno farmaci antiobesità nei prossimi anni», concludono le autrici.