Allarme cuore: cattivi stili di vita killer per 20 milioni di persone al mondo

Il Congresso

Allarme cuore: cattivi stili di vita killer per 20 milioni di persone al mondo

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Immagine: Wagner Souza e Silva / Museum of Veterinary Anatomy FMVZ USP, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
È quanto emerge dal Rapporto del Global Burden of Cardiovascular Diseases. Responsabili soprattutto ipertensione, colesterolo alto, dieta scorretta. Oltre 220 mila morti in Italia. In aiuto arrivano nuovi farmaci e l'Intelligenza artificiale. A Roma il Congresso dei cardiologi italiani

Ogni anno le malattie cardiovascolari uccidono quasi 20 milioni di persone nel mondo, confermandosi così come prima causa di morte. I principali killer sono ipertensione, colesterolo alto, dieta scorretta e inquinamento atmosferico. Eppure sarebbero prevenibili otto volte su dieci.

«Dopo un calo della mortalità, negli ultimi decenni i numeri sono di nuovo in aumento sia sul fronte delle cardiopatie ischemiche che su quello delle malattie cerebrovascolari» osserva Pasquale Perrone Filardi, presidente della Società italiana di cardiologia (Sic) e direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell’apparato cardiovascolare dell’Università Federico II di Napoli. «Si prevede – aggiunge Perrone Filardi - che i decessi aumenteranno entro il 2030 raggiungendo i 24 milioni, con una media di oltre 66 mila persone al giorno».

In questo scenario si è svolto il Congresso nazionale della Sic, dal 14 al 17 dicembre.

L'obesità pesa sul cuore. Sono circa 400 mila gli italiani che accusano scompenso cardiaco per colpa dei chili di troppo. L'eccesso di peso “ruba” almeno sei anni di vita. E non è vero che chi è obeso e non soffre di diabete, ipertensione o colesterolo alto è protetto dalle malattie cardiache. Anzi, ha più rischi di svilupparle. I chili in eccesso sono tra le cause dirette dello scompenso cardiaco nei casi in cui il cuore non sia in grado di riempirsi correttamente (con frazione di eiezione conservata), che riguardano circa la metà dei casi di insufficienza cardiaca e si accompagnano all’obesità nell’80% dei pazienti. Il “paradosso dell’obesità” nasce anche da errori di diagnosi perché non è obeso soltanto chi ha l’indice di massa corporea superiore a 30, ma anche chi ha un accumulo di grasso addominale: il girovita non deve superare 88 centimetri nelle donne o 102 centimetri negli uomini. E c’è un nuovo indicatore da tenere d’occhio: il rapporto tra girovita e altezza che deve essere minore di 0.5.

«Scompenso cardiaco e obesità sono due epidemie in rapidissima crescita: l’insufficienza cardiaca oggi colpisce oltre un milione di italiani e si stima un incremento del 30% dei casi entro il 2030» osserva Perrone Filardi. L’aumento è determinato in parte dalla più lunga attesa di vita, perché la prevalenza della malattia raddoppia a ogni decade di età e dopo gli 80 anni lo scompenso colpisce il 20% della popolazione. Tuttavia l’insufficienza cardiaca ha anche l’obesità tra le sue cause principali perché i chili in eccesso comportano, tra l'altro, un incremento dell’infiammazione generale, un maggiore stress su metabolismo e sistema cardiovascolare e un aumento del grasso viscerale anche a livello cardiaco.

«È proprio il grasso viscerale e addominale il più pericoloso e quello che dovrebbe essere realmente misurato: la semplice valutazione dell’indice di massa corporea e quindi del rapporto fra peso e altezza non basta» conferma Ciro Indolfi, past-president della Sic. professore di Cardiologia all’Università Magna Grecia di Catanzaro. L’obesità comunque fa male al cuore: «La probabilità di avere un infarto, un ictus o un evento cardiovascolare fatale aumenta dal 67 all’85% rispetto a chi è normopeso – ricorda Indolfi - tanto che i chili in eccesso “rubano” fino a sei anni di vita, secondo un recente studio pubblicato su Jama».

Nel 2023, però, è giunto in terapia un farmaco specifico anti-obesità, semaglutide, che può ottenere un miglioramento dei sintomi e della funzionalità oltre che una riduzione significativa del peso corporeo. Lo studio SELECT, condotto su oltre 17 mila pazienti non diabetici in sovrappeso od obesi con malattia cardiovascolare ischemica, mostra che il trattamento con semaglutide sottocute una volta alla settimana riduce del 20% il rischio di mortalità cardiovascolare, infarto e ictus rispetto ai pazienti in trattamento con placebo.

Semaglutide inoltre riduce l'infiammazione (-43,5% dei valori di proteina C reattiva) e comporta una maggiore perdita di peso (-13% rispetto a 2,6%) rispetto al placebo. «Si tratta perciò di una strategia di trattamento che incide in maniera positiva sulla perdita di peso – sottolinea Gianfranco Sinagra, direttore del Dipartimento Cardiotoracovascolare Asugi e Università di Trieste - ma anche direttamente sul profilo infiammatorio che accompagna spesso le malattie cardiovascolari ischemiche e lo scompenso. Ciò avrà probabilmente un impatto significativo sulla pratica clinica, soprattutto perché vi è una carenza di terapie efficaci in questo gruppo di pazienti vulnerabili».

Intelligenza artificiale vs cardiologo nella diagnosi di infarto. È la sfida in corso nello studio in cui la Sic sta mettendo a confronto le capacità di un modello di intelligenza artificiale con quelle dello specialista umano nel diagnosticare infarti miocardici acuti gravi (Stemi). E sembra che l'algoritmo se la stia cavando meglio dell'umano, almeno nei risultati preliminari della ricerca.

L’algoritmo che la Sic sta testando in più di cento pazienti ha mostrato finora di avere un'accuratezza del 98,7 nell’individuazione di un infarto miocardico Stemi. Inoltre, è stato in grado di smascherare false diagnosi e di valutare il ritmo cardiaco e persino la funzione ventricolare sinistra partendo da un semplice elettrocardiogramma.

Ogni anno circa 120 mila italiani hanno un infarto acuto del miocardio e di questi 25 mila ne muoiono prima di arrivare in ospedale, mentre poco più di 90 mila arrivano in tempo. Quando un paziente con dolore toracico attiva il sistema dell'emergenza, è di fondamentale importanza effettuare un elettrocardiogramma entro dieci minuti dal primo contatto medico per identificare soprattutto i soggetti con infarto grave, che sono provocati da una occlusione coronarica completa e che, pertanto, hanno necessità di un'angioplastica e uno stent urgenti.

L'elettrocardiogramma è la riproduzione grafica dell'attività elettrica del cuore registrata a livello della superficie del corpo. «Tuttavia – spiega Indolfi - con l'elettrocardiogramma non è possibile valutare la contrattilità del ventricolo sinistro, del ventricolo destro o dell'atrio sinistro. Il modello di intelligenza artificiale che stiamo testando, invece, ha la possibilità di avere informazioni aggiuntive non evidenziabili dall'occhio umano, come la funzione del ventricolo sinistro, la potassemia, la criticità del paziente, il ritmo cardiaco o la presenza di un versamento pericardico partendo da un semplice ECG. Tutte queste prospettive aprono nuovi scenari futuri».

Il tempo risparmiato può fare la differenza anche tra la vita e la morte. «La possibilità di velocizzare l’accesso nel laboratorio di emodinamica grazie al ricorso all'intelligenza artificiale – prosegue Indolfi - significherà salvare vite umane e prevenire tutta una serie complicanze come lo scompenso cardiaco e le aritmie gravi. Basterà fotografare con uno smartphone l’elettrocardiogramma di un paziente con dolore toracico per ottenere la diagnosi di infarto e la sua gravità».

In futuro saranno disponibili sistemi sempre più sofisticati di intelligenza artificiale «che entreranno nel mondo della cardiologia come alleati di specialisti e pazienti» prevede Pasquale Perrone Filardi. L’intelligenza artificiale permetterà di effettuare diagnosi complesse, come quelle di infarto, di stenosi aortica, di cardiomiopatia o di scompenso cardiaco partendo da un semplice elettrocardiogramma. «Siamo di fronte a una nuova fase della cardiologia – sottolinea il presidente Sic - e dobbiamo essere preparati a questi scenari mutati che comprendono importanti criticità come l'accuratezza della diagnosi e le responsabilità medico-legali. L'intelligenza artificiale non sostituirà il medico – conclude - ma il cardiologo “digitale” supererà quello che non usa l’intelligenza artificiale che consente diagnosi più precise con un trattamento mirato e più efficace».