Le microplastiche sono anche nelle placche delle arterie (e raddoppiano il rischio di infarto e ictus)

Studio italiano

Le microplastiche sono anche nelle placche delle arterie (e raddoppiano il rischio di infarto e ictus)

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Immagine: Oregon State University, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
«Il primo passo è riconoscere che il basso costo e la convenienza della plastica sono ingannevoli e che, di fatto, nascondono grandi danni, come il contributo della plastica agli esiti associati alla placca aterosclerotica»

Dopo che sono state trovate in diversi organi e tessuti, dal fegato ai polmoni, compresi i tessuti cardiaci, dalla placenta al  latte materno, uno studio italiano ha rilevato le micro- e nanoplastiche anche nelle placche aterosclerotiche, i depositi nelle arterie che spalancano le porte a ictus e infarto. Non solo: le placche aterosclerotiche “da inquinamento” sono anche più infiammate della norma, quindi più friabili ed esposte a rischio di rottura con un aumento almeno 2 volte più alto del rischio di infarti, ictus e mortalità rispetto a placche aterosclerotiche che non contengono plastica. 

La scoperta arriva da una ricerca coordinata da ricercatori dell’Università  della Campania Luigi Vanvitelli, pubblicato sul The New England Journal of Medicine.

L’indagine è stata condotta su 257 pazienti con oltre 65 anni sottoposti a alla rimozione delle placche aterosclerotiche delle carotidi. Le placche sono state analizzate con il microscopio elettronico così da rilevare l’eventuale presenza di micro- e nanoplastiche, cioè particelle plastiche con un diametro rispettivamente inferiore a 5 millimetri o a 1 micron. «L’analisi ha dimostrato la presenza di particelle di polietilene a livelli misurabili (circa 20 microgrammi per milligrammo di placca) nel 58,4% dei pazienti e di particelle di Pvc (in media 5 microgrammi per milligrammo di placca) nel 12,5%», commenta Giuseppe Paolisso, coordinatore dello studio e ordinario di Medicina Interna dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. «Soprattutto, tutti i partecipanti sono stati seguiti per circa 34 mesi e si è osservato che in coloro che avevano placche ‘inquinate’ dalle plastiche il rischio di infarti, ictus o di mortalità per tutte le cause era almeno raddoppiato  rispetto a chi non aveva placche aterosclerotiche contenenti micro- e nanoplastiche, indipendentemente da altri fattori di rischio cardio-cerebrovascolari come età, sesso,  fumo, indice di massa corporea, valori di colesterolo, pressione e glicemia o precedenti eventi cardiovascolari», aggiunge. 

Secondo i ricercatori, dietro l’aumento di rischio connesso con placche contenenti micro- e nano plastiche potrebbe esserci l’infiammazione. 

«L’effetto pro-infiammatorio potrebbe essere uno dei motivi per cui le micro- e nanoplastiche comportano una maggiore instabilità delle placche e quindi un maggior rischio che si rompano, dando luogo a trombi e provocando così infarti o ictus», spiega Raffaele Marfella, ideatore dello studio e Ordinario di Medicina Interna dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. «Dati raccolti in vitro e negli animali da esperimento hanno già mostrato che le micro- e nanoplastiche possono promuovere lo stress ossidativo e l’infiammazione nelle cellule dell’endotelio che ricopre i vasi sanguigni, ma anche che possono alterare il ritmo cardiaco e contribuire allo sviluppo di fibrosi e alterazioni della funzionalità del cuore: questi risultati mostrano per la prima volta nell’uomo una correlazione fra  la presenza di micro- e nanoplastiche e un maggior rischio cardiovascolare».

Lo studio conferma la pervasività delle micro- e nanoplastiche. Lo studio «solleva una serie di domande urgenti: l’esposizione a microplastiche e nanoplastiche può essere considerato un nuovo fattore di rischio cardiovascolare? Quali organi oltre al cuore possono essere a rischio? Come possiamo ridurre l’esposizione?», si legge in un editoriale pubblicato a corredo dello studio a firma di Philip J. Landrigan, fondatore e direttore del Global Public Health Program del Boston College e del Global Pollution Observatory all’interno dello Schiller Institute for Integrated Science and Society. «Il primo passo è riconoscere che il basso costo e la convenienza della plastica sono ingannevoli e che, di fatto, nascondono grandi danni, come il contributo della plastica agli esiti associati alla placca aterosclerotica», aggiunge. «Dobbiamo incoraggiare i nostri pazienti a ridurre l’uso della plastica, in particolare degli articoli monouso non necessari e sostenere il Trattato Globale sulla Plastica delle Nazioni Unite per rendere obbligatorio un tetto globale alla produzione di plastica. Come per i cambiamenti climatici anche la risoluzione dei problemi associati alla plastica richiederà una transizione su larga scala dal carbonio fossile», conclude.