Collaborare tra aziende FDA ed EMA per accelerare le sperimentazioni sulle neurotrofine

Terapie innovative

Collaborare tra aziende FDA ed EMA per accelerare le sperimentazioni sulle neurotrofine

di redazione

Collaborare già nel disegnare gli studi clinici di terapie innovative con le autorità del farmaco come la Food and Drug Administration (FDA) statunitense e la Europan Medical Agency (EMA) per migliorare tempi di sviluppo e impatto dei nuovi farmaci.

È questa l'indicazione di ricercatori e aziende venuta dalla Nature Conference “From the Eye to the Brain” che si è tenuta martedì 11 e mercoledì 13 giugno a Roma. L’incontro, organizzato da Nature Italy, Nature Neuroscience e Nature Eye con la sponsorizzazione di Dompé farmaceutici ha visto la partecipazione di oltre cento scienziati internazionali invitati a riflettere sulle possibili applicazioni terapeutiche delle neurotrofine scoperte dal Premio Nobel Rita Levi Montalcini.

«Il dialogo con gli enti regolatori - sottolinea Steven K. Galson, senior advisor di Boston Consoltuing Group, già Surgeon General delle Amministrazioni Bush e Obama dal 2007 al 2009 e direttore del centro per la valutazione dei farmaci della FDA - è molto importante per condividere le sfide che si affrontano in laboratorio e ottenere input e idee su come migliorare le sperimentazioni. Quando si cerca di trasformare una scoperta in un farmaco bisogna chiedersi qual è il giusto percorso regolatorio perché in molti casi gli accademici e anche le aziende hanno competenze scientifiche molto specifiche, ma quando si recano dalle autorità di regolamentazione scoprono di aver pianificato lo studio sbagliato o di aver scelto la popolazione di pazienti sbagliata e per questo le agenzie non lo trovano convincente».

Questo approccio è particolarmente importante per le nuove, potenziali, applicazioni terapeutiche delle neurotrofine come il Nerve Growth Factor (NGF) scoperto da Rita Levi Montalcini e il Brain Derived Neurotrophic Factor (BDNF).

«L’NGF e le altre neurotrofine sono tra le molecole di segnalazione più importanti del cervello – spiega Thomas Sudhof, Premio Nobel per la Medicina nel 2013 - perché organizzano il modo in cui i neuroni si sviluppano, connettono e organizzano il funzionamento del cervello. La ricerca offre opportunità enormi che si realizzeranno una volta che avremo una migliore comprensione del ruolo delle neurotrofine».

L’ultimo decennio ha registrato passi avanti fondamentali con la prima applicazione terapeutica di una neurotrofina. Il primo trattamento con NGF è infatti stato approvato nel 2018 dalla FDA statunitense per il trattamento di una rara malattia della cornea.

Come spiega Jeffrey Louis Goldberg della Stanford University oggi sono in corso sperimentazioni per verificare se l’NGF è utile a proteggere o addirittura ripristinare la vista di alcuni pazienti in patologie con vasto impatto sanitario: «Ad esempio abbiamo testato NGF su un campione di pazienti affetti da glaucoma e abbiamo riscontrato che è sicuro e molto ben tollerato»

Quello che oggi sappiamo su questo gruppo di molecole è solo la punta dell’iceberg e per capirne al meglio il funzionamento è necessario studiare anche tutto quello che ruota attorno, come ricorda Elliot Mufson, professore di Neurobiologia e direttore del Laboratorio di ricerca sulla malattia di Alzheimer al Barrow Neurological Institute di Phoenix (USA). Per esempio, «la ricerca sull’NGF potrebbe sviluppare strategie per raggiungere la popolazione di neuroni colinergici influenzandone positivamente la sopravvivenza e il mantenimento. La strada della ricerca è complessa – conclude - ma sono molto ottimista ascoltando quello che ho sentito negli ultimi due giorni perché il bisogno medico è enorme e non devo elencare le condizioni neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson di cui abbiamo parlato, riguardano centinaia di milioni di persone in tutto il mondo».