Una possibilità di cura per la mononucleosi che uccide i bambini

Malattie rare

Una possibilità di cura per la mononucleosi che uccide i bambini

di redazione
Si chiama sindrome di Duncan ed è una rara malattia genetica che porta allo sviluppo di una mononucleosi potenzialmente letale. Un gruppo di ricerca internazionale ha identificato un bersaglio molecolare in grado di normalizzare la risposta immunitaria che causa le gravi conseguenze della malattia

Un bambino apparentemente del tutto sano. Che quando però incontra un comunissimo virus (il virus di Epstein-Barr, presente nel 95% della popolazione) sviluppano una mononucleosi infettiva grave che provoca una reazione immunitaria a danno di numerosi organi, dal fegato, alla milza, fino al midollo osseo e al cervello. Spesso, in questi bambini la mononucleosi può risultare mortale in altri può evolvere in tumori a danno delle cellule linfatiche. 

Di bambini così, ne nasce uno ogni due anni in Italia: sono affetti dalla sindrome di Duncan o sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X, una malattia genetica rara per cui fino a oggi l’unica possibilità di cura è il trapianto di midollo osseo che, tuttavia, è efficace solo se effettuato prima dell’esposizione al virus di Epstein-Barr.

In un prossimo futuro la terapia per questi bambini potrebbe rivelarsi più efficace: un gruppo di ricerca internazionale ha scoperto infatti un nuovo bersaglio molecolare dal nome ”DGKa” e hanno dimostrato in modelli animali che attraverso l’inibizione della sua attività è possibile bloccare la malattia. Si apre quindi la strada allo sviluppo di nuovi farmaci.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, è stato realizzato grazie a un finanziamento della Fondazione Telethon. A condurlo, ricercatori dell’Università Vita-Salute San Raffaele in collaborazione con altre istituzioni italiane e americane. 

È noto da tempo che all’origine della malattia vi sia l’alterazione di un gene (SH2D1A) responsabile della produzione di una proteina (SAP) che contribuisce all’attivazione dei linfociti T. Questi linfociti svolgono un ruolo fondamentale nella difesa immunitaria dell’organismo. Quando il virus di Epstein-Barr infetta i bimbi malati viene prodotto un gran numero di linfociti T che l’organismo non è in grado di smaltire. In un precedente lavoro guidato da Andrew Snow della Uniformed Services University of the Health Sciences di Bethesda (co-autore del nuovo studio) era stato dimostrato che nei pazienti con sindrome di Duncan l’accumulo delle cellule immunitarie nei diversi organi è causato dalla mancata morte dei linfociti T attivati in eccesso dal virus di Epstein-Barr. Allo stesso tempo, il gruppo di ricerca dell’Università del Piemonte Orientale guidato da Andrea Graziani (il coordinatore di questa ricerca) aveva scoperto che in assenza della proteina SAP nei linfociti T resta “acceso" un enzima, chiamato diacilglicerolo cinasi alpha (DGKa), che normalmente viene “spento” quando il linfocita incontra il virus. Quindi nei linfociti dei pazienti con sindrome di Duncan l’enzima DGKa è sempre “acceso” e consuma il diacilglicerolo, una molecola segnale che serve al linfocita per sviluppare la risposta al virus. Da questa osservazione i ricercatori hanno ipotizzato che sarebbe stato possibile spegnere l'enzima con un farmaco affinché i linfociti in eccesso potessero riacquistare la capacità di morire evitando di accumularsi nei diversi tessuti.

Ed è questo che hanno dimostrato i ricercatori nella ricerca appena pubblicata riuscendo per la prima volta a bloccare in modelli animali la reazione immunitaria tipica della malattia attraverso la regolazione di DGKalpha. «Il nostro lavoro - spiega Andrea Graziani – fornisce per la prima volta la prova che questo enzima può diventare uno strumento terapeutico in grado di promuovere la morte e quindi l’eliminazione dell’eccesso di linfociti attivati che caratterizza la malattia. Obiettivo futuro sarà quello di sviluppare inibitori farmacologici di questo enzima per arrivare a una cura per la malattia».