Alopecia areata. «Non sono solo capelli», i pazienti chiedono riconoscimento e diritti
«“Tanto sono solo capelli”. È probabilmente questa la frase che le persone che soffrono di alopecia areata si sentono ripetere più spesso. Una frase apparentemente di poco conto ma che, in realtà, ha conseguenze pesantissime sulla vita dei malati e delle loro famiglie».
È uno dei passaggi del Libro Bianco sull’alopecia areata. Il volume, presentato questa mattina, è stato realizzato da FB&Associati e voluto dall’Associazione Italiana Pazienti Alopecia and Friends OdV (Aipaf OdV), e rappresenta un punto di svolta per i pazienti affetti da questa patologia. Nonostante la sua diffusione, la malattia è infatti in un limbo: non è riconosciuta, non sono previste esenzioni per i pazienti, non esistono percorsi né strutture dedicati nel servizio sanitario nazionale. Ciò è ancora più paradossale oggi, che la ricerca ha reso per la prima volta farmaci mirati molto efficaci.
«L’alopecia areata non è solo una questione estetica, ma una condizione che influisce profondamente sulla vita di chi ne è colpito. Per questo è fondamentale che venga riconosciuta a livello istituzionale come una malattia invalidante, per garantire ai pazienti accesso a cure, supporto psicologico e servizi che li aiutino a vivere con serenità», spiega Claudia Cassia, Presidente dell’Associazione Italiana Pazienti Alopecia and Friends OdV (AIPAF OdV).
«Come AIPAF OdV, stiamo lavorando per creare consapevolezza e spingere affinché i pazienti ricevano il rispetto e il supporto che meritano. Per molti pazienti, la perdita dei capelli non è solo un problema fisico, ma anche emotivo e sociale. Come associazione, ci impegniamo a creare una rete di supporto che offra assistenza, informazioni e soprattutto libertà di scelta: se una persona vuole indossare una parrucca o mostrarsi senza capelli, deve poterlo fare senza timori o pregiudizi. Vogliamo che ogni paziente si senta libero di vivere la propria condizione senza vergogna, con la consapevolezza di avere alle spalle una comunità solidale”, aggiunge Cassia.
Non chiamatela malattia da stress
L’alopecia areata non è una condizione causata dallo stress come a lungo si è creduto e come spesso qualcuno afferma. Ma una malattia autoimmune, su base genetica multifattoriale e organo-specifica: colpisce, infatti, i follicoli piliferi in un preciso stadio del loro processo di sviluppo (fase anagen). La malattia è caratterizzata da una perdita di capelli di tipo non cicatriziale: ciò significa che i follicoli piliferi rimangono intatti e hanno la potenzialità di riprendere il loro ciclo di crescita e rigenerare nuovamente il capello.
Si stima colpisca lo 0,2% della popolazione generale (circa 120 mila persone) ed ha un impatto devastante sulla vita.
«Negli ultimi anni, abbiamo fatto significativi passi avanti nella comprensione dei sofisticati meccanismi immunitari che causano l’Alopecia areata. Grazie a queste scoperte, oggi possiamo utilizzare farmaci target, mirati a colpire selettivamente gli intimi meccanismi alla base di questa malattia. Tali farmaci già impiegati con successo in altre malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide, potranno essere usati anche per trattare i pazienti con Alopecia areata. La nostra speranza è che in futuro le terapie diventino ancora più efficaci e personalizzate, permettendo a chi soffre di questa malattia di migliorare sensibilmente la propria qualità di vita», afferma Alfredo Rossi, professore associato presso la Clinica Dermatologica dell’Università di Roma La Sapienza, Policlinico Umberto I.
Il Libro Bianco ha ricevuto il patrocinio di alcune delle più autorevoli società scientifiche del settore: l’Associazione Dermatologi Venereologi Ospedalieri Italiani e della Sanità Pubblica (ADOI), la Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST), della Società Italiana di Tricologia (S.I.Tri.), della Società Italiana di Dermatologia Pediatrica (SIDerP) e della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG). Il volume «rappresenta un passo importante per sensibilizzare sia i medici che i pazienti», dice Michela Valeria Rita Starace, dell’Unità Dermatologia dell’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi e del Dipartimento di Scienza medica e chirurgica, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. «È uno strumento che aiuta a diffondere informazioni scientifiche e pratiche, rendendo il percorso di cura più chiaro e accessibile. Inoltre, è fondamentale per promuovere il riconoscimento dei diritti dei pazienti, perché fa luce sulle loro difficoltà e sui loro bisogni reali, rafforzando la loro voce e la richiesta di un’assistenza adeguata. Ma soprattutto, è un mezzo importante per dare dignità a questa malattia».
Un impegno trasversale
Il libro bianco dedica spazio al ruolo che può svolgere il medico di medicina generale nell’accompagnare i pazienti con alopecia areata nel loro percorso di convivenza con la malattia. «Il medico di medicina generale è il primo punto di accesso alle cure per la maggior parte dei pazienti, anche per condizioni come l’alopecia areata, che ha un forte impatto emotivo oltre che fisico», afferma Giuseppe Zagami, vicesegretario nazionale vicario Fimmg, dell’Esecutivo Nazionale Continuità Assistenziale. < Il nostro ruolo è fondamentale per identificare precocemente i sintomi, indirizzare verso lo specialista e fornire un supporto continuativo. Per valorizzare il medico di medicina generale in questo percorso, appare utile promuovere una formazione specifica sulla patologia e rafforzare il collegamento con i dermatologi, creando un team di cura integrato che possa rispondere al meglio ai bisogni dei pazienti», aggiunge Giuseppe Zagami, vicesegretario nazionale vicario Fimmg, Esecutivo Nazionale Continuità Assistenziale.
«L’alopecia areata non è soltanto una patologia medica, ma un fenomeno con rilevanti implicazioni sociali, relazionali ed economiche. I costi diretti per la gestione clinica e quelli indiretti legati alla perdita di produttività, all’isolamento sociale e all’impatto psicologico possono essere estremamente significativi», aggiunge Giovanni Ciofalo, Professore Associato in Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale della Sapienza Università di Roma. «Questo Libro Bianco si pone come uno strumento prezioso per comprendere non solo l’onere sanitario, ma anche il peso che questa malattia esercita sulla società nel suo complesso, invitando a riflettere sulla necessità di politiche sanitarie più inclusive e sulle adeguate risorse per affrontarla».
«Il Libro Bianco sull’alopecia areata rappresenta un punto di riferimento cruciale, una sintesi autorevole che finalmente porta al centro del dibattito scientifico e sociale una patologia complessa e spesso fraintesa», aggiunge la Società Italiana di Tricologia (S.I.Tri.). «Per noi della S.I.Tri., questo documento è un manifesto che promuove conoscenza, sensibilità e innovazione. La sua realizzazione ci permette di tracciare un percorso chiaro per migliorare la diagnosi, l’accesso alle cure e il supporto ai pazienti, restituendo a questa condizione la dignità che merita e offrendo risposte concrete alle esigenze di chi ne è colpito».
Politica pronta
Dal canto suo, la politica ha espresso la massima disponibilità alle richieste dei pazienti. «L’alopecia areata, come molte altre malattie autoimmuni, richiede un’attenzione che vada oltre il semplice trattamento medico, investendo su prevenzione, diagnosi precoce e supporto globale ai pazienti. L’intergruppo parlamentare per la prevenzione e la cura delle malattie autoimmuni, che ho avuto l’onore di fondare, nasce proprio con l’obiettivo di dare voce a patologie come questa, troppo spesso ignorate», ha affermato il senatore Ignazio Zullo, Membro della 10° Commissione permanente Affari sociali del Senato. «La presentazione del Libro Bianco sull’Alopecia areata è un passo importante verso un approccio più consapevole, multidisciplinare e inclusivo, capace di rispondere alle reali necessità di chi vive ogni giorno le difficoltà di queste malattie».
«Attualmente, la legislazione italiana prevede diverse misure per il supporto ai pazienti con malattie croniche, ma per l’alopecia areata è necessario fare di più», gli ha fatto eco l’onorevole Augusta Montaruli, membro della I Commissione Affari Costituzionali della Camera. . Le istituzioni possono intervenire promuovendo il riconoscimento della patologia nell’ambito delle malattie croniche e invalidanti, facilitando così l’accesso ai trattamenti e ai servizi di supporto psicologico. «Il mio impegno, e quello della I Commissione, è lavorare affinché venga aumentata l’attenzione su queste tematiche e si sviluppino politiche sanitarie che riconoscano e rispondano alle esigenze specifiche di chi convive con questa malattia».
Il libro bianco è stato realizzato grazie al contributo non condizionante di Giuliani, Lilly, Pfizer, CRLab e Difa Cooper Cantabria.