Il Governo vara il piano contro le liste d’attesa, ma non ci sono risorse

Il provvedimento

Il Governo vara il piano contro le liste d’attesa, ma non ci sono risorse

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Il ministro della Salute Orazio Schillaci durante la conferenza stampa in cui ha illustrato i provvedimenti contro le liste d'attesa
di redazione
Visite ed esami sabato e domenica, sistema di prenotazione unico, maggiore coinvolgimento di specializzandi e medici autonomi. Per Pd è un «provvedimento fuffa», per i sindacati si criminalizzano i medici

Dopo mesi di annunci, questa mattina il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al piano contro le liste d’attesa. La misura è spacchettata in due provvedimenti: un decreto legge per misure che non richiedano risorse aggiuntive e un disegno di legge con interventi più strutturati e per cui bisognerà trovare coperture.

Molti i provvedimenti inseriti, tuttavia, resta il nodo delle risorse al punto che il Pd ha parlato di «provvedimento fuffa» e misura «acchiappa voti che nulla cambia nella sostanza delle cose». Scetticismo anche da parte dei sindacati medici: «Volere abbattere le liste d'attesa partendo dal presupposto che i responsabili vadano individuati nei medici e dirigenti sanitari è inaccettabile oltre che falso», hanno detto in una nota Anaao Assomed e Cimo-Fesmed. 

Nel dettaglio, nel decreto legge sono previsti un Cup unico regionale o infraregionale, il monitoraggio sulle liste d'attesa affidato all'Agenas, un ispettorato generale di controllo sull'assistenza sanitaria e la possibilità di effettuare visite ed esami il sabato e la domenica. Ancora, nel provvedimento compare finalmente il superamento tetto spesa personale sanitario. Che sarà però graduale: sarà portato dal 10 a 15% nel 2024 per le Regioni che ne faranno richiesta per essere abrogato dal 1° gennaio 2025 in favore di una metodologia di calcolo del personale basata sul fabbisogno elaborata insieme ad Agenas. È previsto inoltre l’adozione di una tassazione al 15% per l'orario aggiuntivo prestato dagli operatori sanitari. 

Nel disegno di legge, invece, tra le misure vi sono un registro nazionale delle segnalazioni dei cittadini sui disservizi, risorse per avvalersi di specialisti ambulatoriali interni per recuperare le liste d'attesa, il coinvolgimento degli specializzandi e l’assunzione di professionisti con contratti di lavoro autonomo e anche un sistema di sanzioni per i direttori generali delle aziende sanitarie che non rispettino gli obiettivi annuali sulla riduzione delle liste d’attesa. 

«Non è più accettabile che in tante realtà ci siano liste chiuse, devono rimanere sempre aperte, il singolo professionista non deve fare più prestazioni in intramoenia che prestazioni pubbliche: da monitoraggi a campione risulta drammaticamente che si fanno anche 9 prestazioni nel pubblico rispetto a 90 in intramoenia», ha affermato il ministro della Salute Orazio Schillaci in conferenza stampa che ha detto che si aspetta che le misure abbiano un impatto fin da subito. 

Scetticismo arriva anche dalle Regioni. «Da quello che posso esprimere a titolo personale, come assessore alla Salute della Regione Emilia-Romagna si tratta di un decreto ancora privo di coperture finanziarie e molto astratto», ha affermato Raffaele Donini, che coordina la Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e che sottolinea che le misure celano una «evidente la volontà di esautorare le Regioni dalla loro funzione di programmazione sanitaria» e spingono «ancora l’acceleratore sulla privatizzazione della sanità, sia favorendo l’attività libero professionale dei medici a scapito di un potenziamento del sistema sanitario pubblico, sia alzando il tetto di spesa per il privato accreditato senza prima assicurare un adeguato finanziamento al sistema pubblico».