La cannabis terapeutica per il dolore aumenta il rischio di aritmia (ma di poco)
La cannabis terapeutica prescritta per alleviare il dolore cronico è associata a un aumento del rischio di aritmia cardiaca rispetto a chi non ne fa uso, ma il rischio assoluto di disturbi del ritmo cardiaco resta basso. È la conclusione a cui è giunto uno studio del Gentofte University Hospital in Danimarca presentato la Congresso della European Society of Cardiology.
La cannabis terapeutica può essere assunta sotto diverse forme a seconda dei livelli di tetraidrocannabinolo (THC) e di cannabidiolo (CBD) presenti nel prodotto. In Danimarca la legge permette di prescrivere il dronabinolo (elevati livelli di THC), i cannabinoidi (che posseggono più THC che CBD), e il cannabidiolo (con elevati livelli di CBD). Il medicinale può essere assunto per via orale sotto forma di pasticca o gocce, inalato o diffuso nella gola con uno spray.
I ricercatori hanno individuato un totale di 1,6 milioni di pazienti con diagnosi di dolore cronico in Danimarca tra il 2018 e il 2021. Di questi, 4.931 pazienti (0,31%) hanno richiesto almeno una prescrizione di cannabis (dronabinolo 29%, cannabinoidi 46%, cannabidiolo 25%). Ogni caso è stato messo a confronto con cinque pazienti con dolore cronico che non facevano uso di cannabis come gruppo di controllo.
Entrambi i gruppi, quelli che usavano la cannabis e quelli che non la usavano, sono stati seguiti per 180 giorni monitorando le loro condizioni cardiovascolari.
L'età media dei partecipanti era di 60 anni e il 63% erano donne. Lo studio fornisce per la prima volta la fotografia dei consumatori di cannabis terapeutica in Danimarca. Circa il 17,8 per cento è malato di cancro, il 17,1 per cento di artrite, il 14,9 per cento soffre di mal di schiena, il 9,8 per cento ha malattie neurologiche, il 4,4 per cento è affetto da cefalee, il 3 per cento ha subito fratture ossee complicate e il 33,1 per cento possiede altre diagnosi (per lo più dolore cronico non specificato).
Il rischio assoluto dell’insorgenza di aritmia era dello 0,86 per cento nei consumatori di cannabis medica rispetto allo 0,49 per cento nei non consumatori. Mentre non è stata osservata alcuna differenza tra i due gruppi per il rischio di sindrome coronarica acuta di nuova insorgenza e insufficienza cardiaca.
«Il nostro studio ha rilevato che i consumatori di cannabis medica avevano un rischio del 74 per cento più alto di disturbi del ritmo cardiaco rispetto ai non consumatori. Tuttavia, la differenza di rischio assoluto è stata modesta. Va notato che una percentuale maggiore di quelli nel gruppo della cannabis stava assumendo altri farmaci antidolorifici, in particolare farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), oppioidi e antiepilettici, e non possiamo escludere che ciò possa contribuire a spiegare la maggiore probabilità di aritmie», ha spiegato Nina Nouhravesh del Gentofte University Hospital in Danimarca a capo dello studio.