Diabete, cuore e reni, connessioni pericolose

L'incontro

Diabete, cuore e reni, connessioni pericolose

di redazione

Il diabete aumenta di due-tre volte il rischio di infarto del miocardio e di due-cinque volte il rischio di scompenso cardiaco. Il 40% dei pazienti sviluppa malattia renale cronica (Mrc), ma tra i circa 4 milioni di italiani che convivono con la malattia, solo uno su dieci ne è consapevole.

Le evidenze scientifiche e la pratica clinica dimostrano ormai che curare il diabete guardando solo alla glicemia non è sufficiente, ma va interpretato nella sua dimensione più ampia quale fattore di rischio cardiovascolare, renale e metabolico. Curarlo significa quindi non solo ridurre i valori glicemici ma anche, e soprattutto, proteggere i pazienti dal danno d’organo valutando le connessioni pericolose tra cuore, rene e metabolismo, con un approccio olistico e multidisciplinare.

Proprio l’approccio olistico è stato approfondito da diabetologi, nefrologi e cardiologi che hanno partecipato al media talk “Diabete Cuore Reni – Le Connessioni pericolose. Rischi noti e meno noti nel circuito cardionefrometabolico”, promosso giovedì 3 ottobre a Roma da Boehringer Ingelheim e Lilly.

«Il diabete raddoppia il rischio di eventi cardiovascolari e la mortalità conseguente a infarto e ictus» ricorda Salvatore A. De Cosmo, presidente eletto dell'Associazione medici diabetologi (Amd), e «per questo l’obiettivo principale oggi nella gestione della persona affetta da diabete è quello di trattare in maniera integrata la malattia diabetica, con una speciale attenzione alle correlazioni nefro-cardio-metaboliche e al mantenimento in salute degli organi bersaglio. In definitiva, se soffre il cuore, il rene ne risente; se soffre il rene, ne risente il cuore».

La Mrc è una condizione patologica progressiva associata a un alto rischio di mortalità e morbidità, sia perché può essere il preludio allo sviluppo della malattia renale allo stadio terminale sia perché è fattore di rischio cardiovascolare e di mortalità generale.

«Il diabete può compromettere la salute dei reni in diversi modi: tra questi – spiega Angelo Avogaro, presidente della Società italiana di diabetologia (Sid) - elevati livelli di glucosio sul glomerulo, l’unità filtrante che a causa dello stress ossidativo con il tempo muore, e l’elevata pressione all’interno del glomerulo, considerando che il 95% dei pazienti diabetici sono anche ipertesi».

Le connessioni tra diabete, ipertensione, diabete, cardiopatie, obesità sono confermate dallo studio epidemiologico CARHES, condotto in Italia da Sin, Amco e Iss: ciascuna di queste condizioni rappresenta un fattore di rischio per la malattia renale cronica e richiede un monitoraggio particolare per favorire la diagnosi tempestiva.

«La progressione della malattia renale cronica può essere rallentata dalle terapie disponibili per ipertensione e diabete – dice Luca De Nicola, presidente eletto della Società italiana di nefrologia (Sin) - alcune di uso consolidato uso come gli ace-inibitori e i sartani, altre innovative come le glifozine, considerate terapie di prima linea dalle Linee guida».

Cuore e rene vanno quindi considerati secondo non una visione “a silos”, raccomandano gli esperti, ma sinergica che coinvolge diverse figure specialistiche al fine di preservare, o quanto meno limitare, il danno d’organo e ottenere i migliori risultati attesi per il paziente. Un approccio ribadito anche nelle più recenti Linee guida della Società europea di cardiologia (ESC) che suggeriscono di utilizzare gli SGLT2 inibitori, farmaci innovativi sviluppati inizialmente per il trattamento del diabete, per prevenire l’eventuale progressione del danno renale nei pazienti con malattia ipertensiva, con o senza diabete.