Covid, un progetto per promuovere la protezione dei pazienti attraverso la profilassi pre-esposizione

Prevenzione

Covid, un progetto per promuovere la protezione dei pazienti attraverso la profilassi pre-esposizione

di redazione

Proporre un modello organizzativo condiviso a livello nazionale che possa facilitare la selezione e l’identificazione dei pazienti immunocompromessi potenzialmente eleggibili alla profilassi pre-esposizione (Prep).

È questo, in sintesi, l'obiettivo del progetto Prevention Management LAboratory (PMLAb), ideato da Dephaforum con il sostegno di AstraZeneca Italia.

Le persone con sistema immunitario compromesso sono solo il 4% circa della popolazione italiana totale, ma costituiscono il 24% di decessi, il 22% delle ospedalizzazioni e il 28% dei ricoveri in Unità di Terapia intensiva. I dati sono emersi dallo studio INFORM, che ha dimostrato come i pazienti immunocompromessi siano a maggiore rischio di incorrere in gravi conseguenze da Covid-19 rispetto alla popolazione generale. Dai risultati italiani recentemente pubblicati dall’Istituto superiore di sanità relativi alle persone vaccinate, i pazienti immunocompromessi presentano un rischio di ospedalizzazione correlato a Covid-19 circa tre volte maggiore e un rischio di decesso correlato a Covid-19 quasi quattro volte più alto. 

Le linee di indirizzo relative al modello organizzativo ideale per la Prep di Covid-19 e la presa in carico e gestione del paziente immunocompromesso, elaborate dal lavoro cross-funzionale del Gruppo di Lavoro e validate nel corso del 2023 a livello regionale e locale attraverso il supporto di una team multidisciplinare di esperti, sono state presentate Lunedì 17 maggio durante l’evento nazionale conclusivo.

«Il virus SARS-Cov-2 continua a circolare, nonostante in questa fase endemica risulti meno pericoloso per la popolazione sana rispetto agli anni passati» spiega Stefano Vella, professore di Metodologia della ricerca clinica & global health all'Università di Roma Tor Vergata. «Questo significa che rimane oggi fondamentale proteggere soprattutto i pazienti immunocompromessi – prosegue - sia quelli che nonostante il completamento del ciclo vaccinale presentano una condizione di immunocompromissione che non permette loro di sviluppare un’adeguata risposta immunitaria, sia coloro che non hanno potuto vaccinarsi per varie cause tra cui le proprie condizioni di salute». Da un’analisi del livello di anticorpi anti SARS-CoV-2 di pazienti oncoematologici che avevano completato il ciclo di vaccinazione contro il Covid-19, ricorda ancora Vella, è emerso che il 55,3% non rispondeva al vaccino. Nel 2022, il 46,8% dei pazienti con malattia renale allo stadio terminale e il 24,6% di chi aveva subito un trapianto di cellule staminali ematopoietiche o un trapianto di organo solido che avevano contratto il Covid-19 sono stati ospedalizzati, contro il 3,7% della popolazione generale. Questi dati «dimostrano la presenza di un bisogno non ancora soddisfatto – sostiene Vella - e l’importanza della profilassi pre-esposizione con anticorpi monoclonali come protezione per questa sottopopolazione di pazienti a rischio di mancata o ridotta risposta o non eleggibilità alla vaccinazione e quindi a un aumentato rischio di sviluppare forma severe di infezione da SARS-CoV-2, ospedalizzazione Covid-19 correlata e morte. È fondamentale il ruolo del medico specialista nell’approfondire l’opportunità offerta dagli anticorpi monoclonali nella protezione del paziente immunocompromesso, attraverso l’informazione sulle opzioni esistenti. Al tempo stesso è altrettanto importante la collaborazione con la Medicina generale nell’identificazione del paziente a rischio e nella sensibilizzazione a un confronto con lo specialista».

Per i pazienti oncoematologici in trattamento antitumorale il Covid-19 «ha rappresentato e rappresenta ancora oggi un rischio concreto» avverte Carmine Pinto, direttore dell'Unità di Oncologia medica, Comprehensive Cancer Centre AUSL di  Reggio Emilia. «Le terapie causano spesso un’immunosoppressione che richiede maggiori cautele – spiega Pinto - in quanto il manifestarsi di un’infezione può significare non solo ospedalizzazione, decesso o peggioramento dello stato di salute, ma anche la sospensione del trattamento, con tutti i rischi correlati».

«Nelle attività di prevenzione e profilassi la componente organizzativa diventa sempre più rilevante – osserva Francesca Patarnello, Vice President Market Access & Government Affairs di AstraZeneca Italia – ma anche la più difficile da gestire a livello locale, in quanto necessita di analisi dedicate e di gruppi di lavoro nelle quali siano rappresentate tutte le componenti. Non è scontato, infatti, dare concretezza alla volontà di coinvolgimento di pazienti e professionisti nelle fasi di ideazione e costruzione della proposta di modelli “ideali” di presa in carico e gestione del paziente immunocompromesso».