Covid, la risposta al vaccino dipende anche dall’identità genetica

Lo studio

Covid, la risposta al vaccino dipende anche dall’identità genetica

di redazione
Uno studio del Cnr mostra che svolgono un ruolo decisivo alcuni geni coinvolti nel complesso maggiore di istocompatibilità

Apparentemente non è una novità. La vaccinazione contro Covid non ha in tutti la stessa efficacia. Ma perché ciò avviene, nel dettaglio, non è ancora chiaro. A fornire una spiegazione è ora uno studio coordinato dall’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Segrate (Cnr-Itb) pubblicato sulla rivista Communications Medicine. A determinare la differente risposta alla vaccinazione sono alcune caratteristiche genetiche individuali, in particolare da alcuni geni associati al complesso maggiore di istocompatibilità, il sistema attraverso cui l’organismo distingue le componenti proprie da quelle estranee. 

«Come per la maggior parte dei farmaci, così anche per i vaccini ogni individuo può rispondere in maniera più o meno efficace e questo è dovuto, almeno in parte, alla costituzione genetica individuale», spiega Francesca Colombo, ricercatrice del Cnr-Itb, che ha guidato lo studio, che ha coinvolto oltre 1.351 operati sanitari vaccinati nei primi mesi del 2021.

Dalla ricerca è emerso che le caratteristiche di una porzione del cromosoma 6 erano legati ai livelli di anticorpi anti-Covid. «In questa specifica regione genomica sono presenti dei geni che codificano per delle molecole presenti sulla superficie cellulare, coinvolte nei meccanismi di risposta immunitaria», aggiunge la prima firmataria dello studio Martina Esposito. «Questi geni - gli stessi che vengono valutati quando si cerca la compatibilità fra donatori di midollo osseo - sono molto variabili ed esistono differenti combinazioni. Il nostro studio ha evidenziato che alcune combinazioni erano associate a livelli di anticorpi più alti, mentre altre a livelli più bassi».

Per i ricercatori, la scoperta potrebbe consentire di «differenziare e personalizzare la campagna vaccinale, fornendo a ciascun individuo il vaccino più adatto, cioè quello che gli permetterà di produrre più anticorpi possibili», conclude Massimo Carella, vice-direttore scientifico della Fondazione IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, che ha collaborato allo studio.