Allarme malattie sessuali. Crescono sifilide, gornorrea e clamidia
Le infezioni a trasmissione sessuale sono in forte crescita in Italia. È l'allarme che arriva dai primi dati dei sistemi di sorveglianza sentinella delle infezioni sessualmente trasmesse (Ist) in Italia, coordinati dal Centro operativo Aids (Coa) dell’Istituto superiore di sanità, presentati in occasione dell'Italian Conference on Aids and Antiviral Research (Icar) tenutosi nei giorni scorsi a Roma.
«I dati del 2022 mostrano un incremento delle infezioni a trasmissione sessuale soprattutto tra i giovani», osserva la direttrice del Coa Barbara Suligoi. «Per la gonorrea sono stati segnalati al sistema sentinella circa 1.200 casi, che rispetto agli 820 del 2021 implicano un aumento del 50%. Per la sifilide, siamo passati da 580 casi del 2021 a 700, con un aumento quindi del 20%. Questa crescita nei numeri – precisa - non è solo un effetto della maggiore socializzazione che si è verificata dopo le fasi più acute della pandemia da Covid-19, in quanto si riscontra anche rispetto al 2019, quando i casi di gonorrea erano stati 610, quindi rispetto ad allora sono aumentati del 100%, mentre quelli di sifilide erano 470, incrementati quindi di oltre il 50%. Anche sulla clamidia il riscontro è analogo: dagli 800 casi del 2019 si è giunti nel 2022 a 993, con un aumento del 25%. L’aspetto più rilevante è il coinvolgimento giovanile – sottolinea Suligoi - in particolare le ragazze under 25: la prevalenza della clamidia tra le giovani di questa fascia d’età è del 7%, mentre sopra i 40 anni è appena l'1%. In tre casi su quattro l’infezione è asintomatica, quindi molte ragazze non se ne accorgono per lungo tempo».
Oltre a una scarsa informazione generale sulle infezioni a trasmissione sessuale, «vi sono alcune cause specifiche che coinvolgono la popolazione giovanile» sottolinea Suligoi. «I giovani, infatti, spesso non sanno dove reperire le informazioni e dove eseguire i necessari controlli – prosegue - non si recano regolarmente presso uno specialista come avviene in età adulta con il ginecologo e l’andrologo. Inoltre, spesso si informano sul web, con fonti approssimative se non fuorvianti. Questi elementi avviano un circuito di non consapevolezza, che aumenta esponenzialmente nei momenti di socialità, in cui si abbassa la soglia della prudenza, con la perdita delle inibizioni e delle protezioni. Inoltre, alcuni ragazzi fanno uso di droghe o di chemsex, ma, considerando queste attività occasionali, non le ritengono, erroneamente, situazioni di rischio. Servirebbe quindi una maggiore informazione, un’educazione all’affettività a livello scolastico, percorsi chiari sul territorio per chi abbia bisogno di una consulenza tempestiva in caso di sospetto di aver contratto una Ist».
L’aumento dell’accesso alla profilassi pre-esposizione (Prep) di Hiv è «uno strumento fondamentale di diagnosi precoce e controllo delle altre Ist» dice Andrea Antinori, direttore del Dipartimento clinico e di ricerca dell’Istituto nazionale per le Malattie infettive. «Nei protocolli di erogazione e monitoraggio della Prep – spiega - è previsto il monitoraggio periodico delle Ist anche asintomatiche e questo è un modo per fare emergere un sommerso non diagnosticato nella popolazione a rischio». L’incidenza di nuove diagnosi di Ist negli utenti Prep va dal 16% al 24% e «la Prep si conferma uno strumento per aumentare l’accesso alla diagnosi precoce di Ist – ribadisce - e per inserire le persone a rischio in percorsi di prevenzione combinati, al fine di ridurre sia la circolazione di Ist che la morbilità ad esse correlata. Anche se va detto, e se ne è discusso a ICAR 2024 in una sessione molto vivace e partecipata del Congresso – prosegue Antinori – che c’è un dibattito aperto nella comunità scientifica sul costo-beneficio di uno screening delle persone con Ist asintomatiche, anche per i rischi di resistenza antimicrobica nel trattamento estensivo di queste forme in assenza di sintomi».