Tumore al seno triplo negativo: con l’immunoterapia diminuisce sensibilmente il rischio di morte e di metastasi
Un anticorpo monoclonale dopo l’intervento chirurgico ha dimostrato di ridurre del 34% il rischio di morte nelle pazienti con carcinoma mammario triplo negativo precoce ad alto rischio di malattia metastatica. La terapia ha infatti diminuito del 30% lo sviluppo di metastasi a distanza (polmone-fegato-cervello).
Sono questi i due principali dati emersi dal trail clinico A-BRAVE presentato al Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO, a Chicago dal 31 maggio al 4 giugno).
Lo studio, indipendente e internazionale, è stato coordinato dall’Università di Padova, è il primo in assoluto a livello mondiale che ha preso in considerazione l’immunoterapia dopo il ricorso alla chemioterapia neo-adiuvante. Ha visto la partecipazione di sessanta centri oncologi italiani (tra cui l'Istituto oncologico veneto di Padova) più altre sei strutture sanitarie inglesi. In totale sono state coinvolte 477 pazienti.
«Il carcinoma mammario triplo negativo rappresenta il 15% del totale delle diagnosi – ricorda Pier Franco Conte, professore all’Università di Padova e direttore scientifico dell’Istituto San Camillo di Venezia, coordinatore dello studio A-BRAVE - e si registrano in Italia 8.300 nuovi casi l’anno. Le donne che abbiamo reclutato presentavano un tumore precoce ad alto rischio e oltre l’80% di loro aveva un residuo di malattia dopo un primo trattamento di chemioterapia neo-adiuvante». Lo studio ha valutato l’utilizzo dell'anticorpo monoclonale avelumab come terapia adiuvante, utilizzata cioè dopo l’intervento chirurgico. Le pazienti sono state divise in due gruppi omogenei: le prime hanno seguito per un anno la terapia con avelumab, somministrata per via endovenosa ogni quindici giorni; per le seconde invece sono stati effettuati solo controlli periodici di follow up. «Sono stati ottenuti buoni risultati – spiega Conte - in particolare la sopravvivenza globale a tre anni è stata maggiore dell'8,5% nel gruppo delle donne trattate, rispetto a quelle del gruppo di controllo. La nuova terapia è poi risultata generalmente ben tollerata. Sono state, infatti, riscontrate poche tossicità e in oltre il 70% dei casi il trattamento è stato concluso senza nessun problema».
Lo studio A-BRAVE, sostiene l'oncologo, «è la nuova dimostrazione di come stiamo ampliando l’armamentario terapeutico contro il tumore più diffuso in Italia e in molti altri Paesi Occidentali. L’immunoterapia si conferma una nuova ed estremamente interessante prospettiva, anche per la gestione dei casi più gravi di carcinoma mammario. È già stato approvato un altro farmaco immunoterapico sia come terapia neoadiuvante che in post-neoadiuvante. Attendiamo nuove ricerche cliniche – conclude Conte - per valutare le ulteriori potenzialità dell’anticorpo monoclonale».